Il male e il dolore non devono essere considerati come problema, ma come prospettiva imprescindibile, anche se non esclusiva, da cui guardare il mondo. Farlo significa compiere un atto di omaggio intellettuale alla vita, la quale può essere compresa solo osservandola come totalità, per quello che effettivamente è, e non per quello che si vorrebbe che fosse amputandone una parte. Io penso che la religione debba dare agli uomini la possibilità di conciliarsi con la vita e la conseguente pace interiore, ma per fare ciò è assolutamente necessario guardare con onestà al tutto della vita e quindi passare attraverso il travaglio del negativo: «La vita di Dio e il conoscere divino possono si venire espressi come un gioco dell’amore con se stesso; ma questa idea degrada fino alla predicazione e addirittura all’insipidezza quando mancano la serietà, il dolore, la pazienza e il travaglio del negativo» (Hegel).
Nel pensiero del male e del dolore la posta in gioco è la complessiva visione del mondo (ontologia) e lo stile dell’agire, se libero o no, che ne scaturisce (spiritualità ed etica). Sto dicendo che la nascita di una sola bambina con una malformazione genetica chiama in causa il senso della vita di ognuno, come hanno affermato pensatori di grande sensibilità spirituale tra cui Kierkegaard, Florenskij, Wittgenstein.
Così Kierkegaard: «Se si vuole studiare correttamente l’universale è sufficiente ricercare una reale eccezione. Essa porta alla luce tutto più chiaramente. Le eccezioni esistono. Se non si è in grado di spiegarle, non si è nemmeno in grado di spiegare l’universale».
Così Florenskij: «Talvolta alla natura sfugge qualcosa […] dice qualcosa di diverso […]. Ed è lì che bisogna guardare […]. La dove c’è una deviazione dal consueto, è là che va cercata la deviazione spontanea della natura […]. La malformazione fisica […] se c’è un posto dove la natura si lascia scappare una parola di troppo, è lì. Il contenuto positivo del mio pensiero, il suo punto fermo sono sempre state le eccezioni, il non-spiegato, il disubbidiente, la natura che si oppone alla scienza».
Così Wittgenstein: «Perché è così importante ritrarre con precisione le anomalie? Se uno non sa farlo, vuol dire che nei concetti non ci si ritrova».
Queste tre frasi sostengono che il vero lo si ottiene solo pensando l’intero, cioè regola + eccezioni. Trascurare il carattere rivelativo delle eccezioni porta necessariamente a non raggiungere vero, formulando teorie che ingabbiano la mente e legano le mani. Un pensatore che, grazie alla sua visione evolutiva del mondo, ha saputo integrare perfettamente regola ed eccezioni e gesuita Pierre Teilhard de Chardin:
In un Universo in cui ogni creatura costituisce una piccola totalità tutta chiusa, voluta per se stessa e teoricamente spostabile a volontà, la nostra mente farebbe fatica a giustificare la presenza di individui dolorosamente fermati nelle loro possibilità e nel loro slancio. Invece il mondo rappresenta veramente un’opera di conquista attualmente in corso. Il mondo rappresenta un immenso andare a tentoni, un’immensa ricerca, un immenso attacco: i suoi progressi possono compiersi solo a prezzo di molti fallimenti e di molte ferite. A qualunque specie appartengano, i sofferenti sono l’espressione di questa condizione austera ma nobile. Non rappresentano elementi inutili e diminuiti. Sono dei caduti sul campo dell’onore”.
Questo testo contiene la più solida argomentazione che io conosca in ordine al problema del male fisico, considerato qui come inevitabile prezzo da pagare perché il mondo possa evolvere producendo libertà. Se si vuole la libertà, la possibilità del male è il prezzo da pagare. Se noi, che siamo un prodotto del mondo, siamo (almeno in parte) capaci di libertà, allora già il mondo in se stesso deve contenere una tensione o tendenza verso la libertà, il che è possibile solo se esso ospita il caos e l’indeterminazione, ed è da qui che scaturisce inevitabilmente il doloroso disordine che noi chiamiamo male. La possibilità del male fisico è la condizione imprescindibile per la nascita della libertà.
v. mancuso
padre Agostino